La "Notte dei Musei", qualche tempo fa, è stata l'occasione per scoprire due luoghi particolari a Velletri: l'Area delle Stimmate e il Museo Archeologico. Tra i vicoli, alle spalle del Comune, si trova il complesso della "Area Archeologica delle SS. Stimmate" un vero e proprio gioiello realizzato grazie ai finanziamenti europei e splendidamente curato dal G.A.V. (Gruppo Archeologico Veliterno).
Su un'area relativamente poco estesa sono state riportati alla luce i resti di un antico tempio eretto probabilmente da Tarquinio il Superbo in funzione anti-volsca verso il 535 a.C., a sua volta costruito sui resti di una capanna sacrale protostorica. La scoperta del tempio e delle Favisse, fosse nelle quali venivano gettate le offerte votive, avvenne nel 1784 ad opera del Cardinale Stefano Borgia che intendeva ristrutturare la Chiesa di Santa Maria delle Neve, esistente probabilmente già nel XV sec, divenuta poi Chiesa delle S.S. Stimmate e passata ai Francescani. Questi realizzarono nell'abside delle rappresentazioni della vita di Gesù, di cui restano pochissime testimonianze.
Il Cardinale Borgia, grande esperto d'arte, recuperò per la propria collezione molte lastre fittili, ex voto, terracotte e la famosa Tabula Veliterna. Parte di questa collezione è oggi esposta al Museo di Velletri. Il resto si trova a Napoli venduto dagli eredi del Cardinale ai Borboni.
Nel Museo archeologico Nardini, situato al piano terra del palazzo comunale, un'intera sala è riservata al Sarcogafo delle Fatiche di Ercole o Sarcofago di Velletri, un imponente e intatto capolavoro rinvenuto nelle campagne di Velletri il 10 luglio del 1955. Lungo i lati del Sarcofago si snodano le vicende di Ercole, probabilmente in funzione catartica in quanto si evince, dalle immagini scolpite, che chi agisce bene in vita ottiene una salvezza eterna.
Il committente resta ignoto, così come la data precisa della realizzazione risalente comunque al II sec. d.C.
Sempre nel Museo si trova la copia della famosa Pallade Veliterna, oggi esposta al Louvre dal 1802, anch'essa emersa dalle campagne di Velletri nel 1797, divisa in tanti frammenti. Alta quasi due metri resta una delle rappresentazioni più belle della divinità.
Ultimo gioiello la Tabula Veliterna rinvenuta nel 1784, sempre nelle campagne veliterne. "Si tratta di una lamina di bronzo iscritta il cui testo, che usa l’alfabeto latino, corre su quattro righe, e contiene un nucleo giuridico ed una cornice amministrativa. Questa ha una parte iniziale riconducibile alla dea Declona ed una sezione finale relativa all’esecuzione dell’atto giuridico - sacrale emanato da due meddices locali “Egnatus Cossutius figlio di Seppius (e) Marcus Tafanius, figlio di Gavius”. Anche il nucleo giuridico è suddiviso in due parti corrispondenti a due commi di una legge. Si può così ritenere che il testo appartenga a quelle “leggi sacre” attestate anche in altri casi coevi, che hanno contribuito a formulare un’ipotesi per l’interpretazione della Tabula Veliterna. L’iscrizione farebbe riferimento ad un bosco sacro alla dea Declona ed alle norme che ne regolavano i modi di inviolabilità. Questi boschi, in epoca arcaica e repubblicana, avevano una certa importanza nella sfera religiosa delle popolazioni italiche, alcune norme vietavano, ad esempio, l’asportazione di legna, altre stabilivano, con l’approvazione dell’assemblea cittadina nel caso veliterno, le opere di manutenzione necessarie affinché il bosco non diventasse impenetrabile e quindi inutilizzabile per il culto."
























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